Il contributo di Francesco Cisarri a C'era una volta il lavoro, Lodi, 23 giugno 2018: "Cari compagni, cari amici, mi è stato chiesto dai coordinatori del comitato esodati di Lodi di preparare, se me lo sentivo, un intervento all’iniziativa da voi organizzata per oggi, avente titolo, C’era una volta il lavoro. Non vi nascondo che mi sono sentito onorato dalla richiesta, in quanto tanta è la stima che godo nei vostri confronti, per l’importante lavoro da voi fatto in prima persona per affermare e conquistare il diritto di vedervi riconosciuta la pensione in quanto espulsi dai processi produttivi dalle aziende dove eravate dipendenti. La vostra non è stata solo un’attività per ottenere un riconoscimento negato da una legislazione sbagliata, è stato un grande lavoro organizzativo di ascolto, per dare voce a tante persone non ascoltate, allo sbando, in quanto abbandonate anche da chi aveva seguito le loro vertenze aziendali. Un pezzo importante di quella strada, l’abbiamo percorsa insieme. Ho capito, partecipando a una delle vostre ultime riunioni preparatorie di questa iniziativa, che il vostro gruppo oggi vuole continuare, anche se ridimensionato nella partecipazione attiva, come soggetto di proposta, quale è stato sino a oggi, nella battaglia per affermare il diritto al lavoro per tutte quelle persone che oggi vivono il dramma di essere disoccupati e/o precari inseriti in questa società che calpesta quotidianamente la loro dignità di uomini e di donne. Da qui il mio stimolo all’essere con voi oggi ad analizzare il fenomeno e affermare la necessità e il bisogno che soggetti non appartenenti a formazioni come voi, come noi, come se, siano guida, per tanti lavoratori e lavoratrici non sufficientemente ascoltati da chi dovrebbe guidarli in queste battaglie. Il Lodigiano, per non parlare del sesso degli angeli, ha subito negli ultimi trent’anni una profonda trasformazione del proprio assetto produttivo. Per chi ha seguito, anche solo informandosi su quanto avvenuto, può oggi affermare, senza timore d’essere smentito, che la provincia di Lodi ha seppellito centinaia di imprese manifatturiere lasciando senza lavoro per lunghi periodi migliaia di lavoratori e lavoratrici in esse occupati. Interi settori che hanno fatto la storia operaia di questo territorio sono stati completamente cancellati. Vedasi i comparti tessile, cotoniero, ceramico, edile, conciario, agricolo, aziende produttrici di occhiali ed elettromeccanico. Molte imprese hanno subito forti trasformazioni, da imprese pseudo famigliari quali erano, sono diventate imprese facenti parte di gruppi industriali a gestione multinazionale. Sempre di più per i più fortunati si è passati dall’essere riconosciuti operai specializzati modello, nel concetto dell’impresa di ieri, all’essere oggi, solo dei numeri nei nuovi modelli organizzativi studiati a tavolino da dirigenti senza scrupoli, etichettati responsabili delle risorse umane. Il Lodigiano, che ha subito passivamente fino a oggi, la moria di tante fabbriche prima insediate, ha visto crescere senza capirne gli effetti, in questi ultimi anni, molte imprese commerciali, imprese di logistica e magazzino, pseudo imprese della cosmetica che operano da terziste per le importanti aziende insediate su questo territorio e nei territori limitrofi, il Cremasco, il Pavese, il Piacentino e la bassa Milanese e un importante polo agroalimentare. Si sono mai soffermati, i cittadini di questa nostra provincia, a leggere le condizioni di lavoro di tanti nostri figli e figlie che operano in questi comparti? Non si sono mai chiesti i papà, le mamme e/o i fratelli di questi lavoratori il perché il proprio familiare si torva a essere inserito spesso e volentieri come socio in cooperative fittizie dove gli viene applicato un regolamento aziendale che non ha a che vedere con l’effettivo lavoro svolto dal loro familiare? È mai possibile che si possa sopportare a lungo il tirocinio d’essere precario con un contratto a termine che non si trasforma mai? Come possono organizzare la loro vita e la loro possibile famiglia chi non ha la certezza di potersela permettere? Ecco, essere capaci, come sono certo voi/noi lo siamo, di saper ascoltare tutti questi vecchi e nuovi bisogni, saperli organizzare e saperli difendere è un nuovo scopo che possiamo dare al nostro continuare a esistere. Negli anni settanta sono e hanno fatto la storia i gruppi di compagni di Soccorso rosso, che si erano prefissi di assistere e difendere tutte quelle persone che non avevano la possibilità di difendersi da sole e che non venivano aiutate dalle associazioni organizzate di massa di allora. Ancora prima si insediarono quali soggetti al fianco dei più deboli le società di mutuo soccorso. Altre forme organizzate che hanno fatto il loro percorso al fianco di tanti “ultimi” nei territori dove erano insediate, sono state le case del popolo. Oggi, in un paese sempre più alla deriva, dove sta prevalendo un populismo sfacciato e retorico, io sono convinto ci sia la necessità di potenziare, far crescere maturare e far vivere l’esperienza sin di qua fatta da voi, dal vostro e nostro movimento degli esodati. Con voi, nella speranza di essere ascoltato, per iniziare una seconda fase”.
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