Martedì diciotto dicembre 2012 al senato è stata
perpetrata l’ennesima vergognosa ingiustizia ai danni degli “esodati”:
nonostante tre ordini del giorno sul problema, generato dalla iniqua, non
graduale e retroattiva riforma previdenziale Monti e Fornero, che avrebbero
dovuto “impegnare il governo” a risolvere definitivamente la questione,
nonostante i 23 emendamenti al DDL
di stabilità proposti da vari partiti, molti dei quali firmati quasi
unitariamente dalle forze politiche presenti in parlamento, la questione
“esodati” e’ stata definitivamente cassata con un nulla di fatto: gli ordini
del giorno disattesi e i 23 emendamenti respinti hanno segnato, alla fine di
questa legislatura, la pietra tombale del problema che ha gettato nella
disperazione e nell’incertezza del futuro oltre 390.000 soggetti (e le loro
famiglie) di cui, forse, solo 130.000 vedranno la fine dell’incubo vedendo
riconosciuta la loro salvaguardia. La riforma previdenziale Fornero si pone
come la più vergognosa delle azioni del governo Monti, perpetrata ai danni di lavoratori che,
espulsi dal mondo del lavoro a causa di crisi aziendali, avevano individuato un
percorso che, stanti le norme vigenti al momento dell’esodo e/o della firma
degli accordi, li avrebbe portati in un ragionevole lasso di tempo a maturare
il requisito pensionistico. Una riforma il cui motivo dichiarato era quello
di “mettere in sicurezza” i conti dell’INPS quando gli stessi erano già stati
dichiarati sostenibili almeno fino all’anno 2050 per effetto delle precedenti riforme previdenziali, e che in realtà aveva il solo
scopo di “fare cassa”; una
riforma realizzata in modo vile: perché sposta i
requisiti utili al perfezionamento del diritto pensionistico per coloro che
erano già stati espulsi dal mondo del lavoro fino ad alcuni anni prima della
sua approvazione, costringendoli ad
addossarsi completamente l’onere di colmare la differenza contributiva
utile al raggiungimento del nuovo diritto, spostando così dai due ai sette anni
la data di pensionamento. E questo è stato imposto al parlamento con una sorta
di ricatto (il baratro in cui sarebbe caduta l’Italia) da un governo tecnico
(non legittimato dal popolo)
cosciente dell’impossibilità di una qualsiasi azione di opposizione da
parte degli “esodati”; perfido: perché alla definizione delle platee dei
soggetti riconosciuti degni di essere salvaguardati è seguita una serie di
norme emanate con decreti ministeriali di dubbia costituzionalità che hanno
proposto condizioni estremamente restrittive alle categorie di salvaguardati (e
discriminanti nei confronti di soggetti aventi pari condizioni oggettive
rispetto alla platea di appartenenza) in modo tale da limitarne il numero e
condizionandolo alla copertura finanziaria che, di volta in volta, si è voluta
consentire; cinico:
perche’ nonostante grazie alla mobilitazione dei comitati di “esodati” riuniti
in rete tra loro sia stato riconosciuto l’errore commesso, prima dalle forze sindacali e da tutti
i partiti politici per bocca dei propri segretari e infine dagli stessi
rappresentanti del governo e dal ministro del lavoro, e sia stata assicurata a
più riprese la volontà di risolverlo estendendo ulteriormente la salvaguardia
ai soggetti appartenenti alle categorie individuate e inizialmente esclusi, si
è dato vita a una ridda di iniziative governative e parlamentari che nell’arco
di un anno hanno portato a risultati minimali e ad una serie infinita di
aspettative mai soddisfatte che hanno generato, sia nei 130.000 potenziali
salvaguardati sia negli oltre 260.000 soggetti ancora non derogati, solo stress
psicologico, quand’anche non psicofisico, e disagio sociale crescente, con
ricadute sulla condizione familiare, sfociato in alcuni casi anche in gesti
disperati e inconsulti. Una sorta di “mobbing sociale” di cui il governo Monti
dovra’ dare ragione!; iniquo, perché esclude dalla salvaguardia tutti i lavoratori
licenziati, che hanno dovuto subire l’iniziativa unilaterale delle aziende e
già oggi si trovano privi di reddito e, in modo particolare le donne, lontani
7/10 anni dalla pensione. Come
coordinatori dei vari comitati di “esodati” in rete tra loro e quindi come
potenziali rappresentanti degli oltre 260.000 soggetti ancora non salvaguardati, dopo aver condiviso con le forze
politiche e sociali un percorso di oltre nove mesi che avrebbe dovuto portare
perlomeno alla definizione di regole certe per la salvaguardia della maggior
parte degli esodati, fatti salvi i singoli e le commissioni parlamentari che ci
hanno ascoltato e sostenuto e che hanno elaborato con noi le varie proposte di
modifica alle norme inique introdotte con la riforma previdenziale di fatto poi
sempre disattese dal parlamento, ci sentiamo traditi e presi in giro, in
particolare dalle forze parlamentari della maggioranza che non sono riuscite
nell’arco di un anno ad imporre a questo governo la volontà di risolvere la
questione degli “esodati”, disattendendo il loro mandato istituzionale, di
fatto rinunciando nello specifico ad esercitare quel “potere legislativo” che
la costituzione ha attribuito loro, dimostrandosi in questo frangente sempre
succubi e, in qualche modo, ricattati da questo governo con l’argomento del
“baratro” in cui l’Italia stava per cadere e con la bugia dell’impossibilità di
trovare adeguate coperture finanziarie. Al contrario si sono trovate
le coperture finanziarie miliardarie per altri argomenti come il salvataggio di
banche, o per le spese militari inutili, o ancora per tutte le necessità
richieste dalle varie “caste” (e il DDL di stabilità approvato a senato ne e’
un esempio lampante)! Per questi motivi, come rete dei comitati, mettendoci
ancora una volta in gioco e pronti a collaborare su specifiche proposte,
ripartendo e riprendendo la proposta di legge 5103, chiediamo alle forze
parlamentari che vogliono dimostrare una volta per tutte la loro disponibilità
a risolvere la questione “esodati” di
esprimersi sulla volontà di proporre la salvaguardia dalla riforma Fornero
attraverso una soluzione “previdenziale” per tutti quelli che risultano essere
titolari di accordi, o contributori volontari o licenziati precedentemente
al 31 dicembre 2011, e di inserire
tale proposta nel proprio programma elettorale come questione da risolvere nei
primi cento giorni della nuova legislatura, insieme alla volontà di rivedere,
nel senso di una applicazione più graduale delle nuove regole di
pensionamento, la riforma pensionistica.
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