lunedì 24 dicembre 2012

Una vergogna lunga un anno!


Martedì diciotto dicembre 2012 al senato è stata perpetrata l’ennesima vergognosa ingiustizia ai danni degli “esodati”: nonostante tre ordini del giorno sul problema, generato dalla iniqua, non graduale e retroattiva riforma previdenziale Monti e Fornero, che avrebbero dovuto “impegnare il governo” a risolvere definitivamente la questione, nonostante i  23 emendamenti al DDL di stabilità proposti da vari partiti, molti dei quali firmati quasi unitariamente dalle forze politiche presenti in parlamento, la questione “esodati” e’ stata definitivamente cassata con un nulla di fatto: gli ordini del giorno disattesi e i 23 emendamenti respinti hanno segnato, alla fine di questa legislatura, la pietra tombale del problema che ha gettato nella disperazione e nell’incertezza del futuro oltre 390.000 soggetti (e le loro famiglie) di cui, forse, solo 130.000 vedranno la fine dell’incubo vedendo riconosciuta la loro salvaguardia. La riforma previdenziale Fornero si pone come la più vergognosa delle azioni del governo Monti, perpetrata ai danni di lavoratori che, espulsi dal mondo del lavoro a causa di crisi aziendali, avevano individuato un percorso che, stanti le norme vigenti al momento dell’esodo e/o della firma degli accordi, li avrebbe portati in un ragionevole lasso di tempo a maturare il requisito pensionistico. Una riforma il cui motivo dichiarato era quello di “mettere in sicurezza” i conti dell’INPS quando gli stessi erano già stati dichiarati sostenibili almeno fino all’anno 2050  per effetto delle precedenti riforme previdenziali, e che in realtà aveva il solo scopo di “fare  cassa”; una riforma  realizzata in modo vile: perché sposta i requisiti utili al perfezionamento del diritto pensionistico per coloro che erano già stati espulsi dal mondo del lavoro fino ad alcuni anni prima della sua approvazione, costringendoli ad  addossarsi completamente l’onere di colmare la differenza contributiva utile al raggiungimento del nuovo diritto, spostando così dai due ai sette anni la data di pensionamento. E questo è stato imposto al parlamento con una sorta di ricatto (il baratro in cui sarebbe caduta l’Italia) da un governo tecnico (non legittimato dal popolo)  cosciente dell’impossibilità di una qualsiasi azione di opposizione da parte degli “esodati”; perfido: perché alla definizione delle platee dei soggetti riconosciuti degni di essere salvaguardati è seguita una serie di norme emanate con decreti ministeriali di dubbia costituzionalità che hanno proposto condizioni estremamente restrittive alle categorie di salvaguardati (e discriminanti nei confronti di soggetti aventi pari condizioni oggettive rispetto alla platea di appartenenza) in modo tale da limitarne il numero e condizionandolo alla copertura finanziaria che, di volta in volta, si è voluta consentire; cinico: perche’ nonostante grazie alla mobilitazione dei comitati di “esodati” riuniti in rete tra loro sia stato riconosciuto l’errore commesso,  prima dalle forze sindacali e da tutti i partiti politici per bocca dei propri segretari e infine dagli stessi rappresentanti del governo e dal ministro del lavoro, e sia stata assicurata a più riprese la volontà di risolverlo estendendo ulteriormente la salvaguardia ai soggetti appartenenti alle categorie individuate e inizialmente esclusi, si è dato vita a una ridda di iniziative governative e parlamentari che nell’arco di un anno hanno portato a risultati minimali e ad una serie infinita di aspettative mai soddisfatte che hanno generato, sia nei 130.000 potenziali salvaguardati sia negli oltre 260.000 soggetti ancora non derogati, solo stress psicologico, quand’anche non psicofisico, e disagio sociale crescente, con ricadute sulla condizione familiare, sfociato in alcuni casi anche in gesti disperati e inconsulti. Una sorta di “mobbing sociale” di cui il governo Monti dovra’ dare ragione!; iniquo, perché esclude dalla salvaguardia tutti i lavoratori licenziati, che hanno dovuto subire l’iniziativa unilaterale delle aziende e già oggi si trovano privi di reddito e, in modo particolare le donne, lontani 7/10 anni dalla pensione.  Come coordinatori dei vari comitati di “esodati” in rete tra loro e quindi come potenziali rappresentanti degli oltre 260.000 soggetti ancora non salvaguardati,  dopo aver condiviso con le forze politiche e sociali un percorso di oltre nove mesi che avrebbe dovuto portare perlomeno alla definizione di regole certe per la salvaguardia della maggior parte degli esodati, fatti salvi i singoli e le commissioni parlamentari che ci hanno ascoltato e sostenuto e che hanno elaborato con noi le varie proposte di modifica alle norme inique introdotte con la riforma previdenziale di fatto poi sempre disattese dal parlamento, ci sentiamo traditi e presi in giro, in particolare dalle forze parlamentari della maggioranza che non sono riuscite nell’arco di un anno ad imporre a questo governo la volontà di risolvere la questione degli “esodati”, disattendendo il loro mandato istituzionale, di fatto rinunciando nello specifico ad esercitare quel “potere legislativo” che la costituzione ha attribuito loro, dimostrandosi in questo frangente sempre succubi e, in qualche modo, ricattati da questo governo con l’argomento del “baratro” in cui l’Italia stava per cadere e con la bugia dell’impossibilità di trovare adeguate coperture finanziarie. Al contrario si sono trovate le coperture finanziarie miliardarie per altri argomenti come il salvataggio di banche, o per le spese militari inutili, o ancora per tutte le necessità richieste dalle varie “caste” (e il DDL di stabilità approvato a senato ne e’ un esempio lampante)! Per questi motivi, come rete dei comitati, mettendoci ancora una volta in gioco e pronti a collaborare su specifiche proposte, ripartendo e riprendendo la proposta di legge 5103, chiediamo alle forze parlamentari che vogliono dimostrare una volta per tutte la loro disponibilità a risolvere la questione  “esodati” di esprimersi sulla volontà di proporre la salvaguardia dalla riforma Fornero attraverso una soluzione “previdenziale” per tutti quelli che risultano essere titolari di accordi, o contributori volontari o licenziati precedentemente al  31 dicembre 2011, e di inserire tale proposta nel proprio programma elettorale come questione da risolvere nei primi cento giorni della nuova legislatura, insieme alla volontà di rivedere, nel senso di una applicazione più graduale delle nuove regole di pensionamento, la riforma pensionistica.

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