L’incubo
dei cosiddetti “esodati”, lavoratrici e lavoratori a cui è precluso il
godimento dei diritti maturati in decenni di lavoro per via di una grave lacuna
legislativa ormai riconosciuta anche dallo stesso governo italiano (e dire che
dovrebbero essere tecnici e professori) è soltanto l’ultima tappa di
un’involuzione che di volta in volta ha visto protagonisti giovani, precari,
disoccupati. A Lodi e provincia, un distretto manifatturiero colpito in modo feroce
dalla crisi, il locale comitato degli “esodati” non si è perso d’animo e con lo
slogan “dalla rabbia, alle idee fino al sorriso” si è inventato un’intera
giornata chiamata C’era una volta il lavoro con testimonianze, teatro, mostre,
cinema (con la presentazione del cofanetto di quattro film Vivere e morire
lavoro di Daniele Segre, Feltrinelli
Real Cinema) e otto ore lavorative di musica. Un modo intelligente e anche
divertente (che non guasta, in fondo) di interpretare la rappresentanza e la
protesta. La giornata è stata aperta da un ensemble di recente costituzione, ma
di notevole esperienza, la Corte del re Sole che ha snocciolato ballate
scozzesi, irlandesi e francesi con grande gusto e una trascinante forza
strumentale. Se volete fare una festa in campagna o un party a base di
traditional, chiamateli (www.lacortedelresole.com). Gran finale, con la piazza
di Lodi gremita, con i Bujaka, una comitiva reggae che ha fatto ballare e
saltare tutti fino a mezzanotte, quando si è levato il coro Get Up, Stand Up di Bob Marley (quanto mai appropriata, vista
l’occasione). Tra la Corte del re Sole e i Bujaka, ha suonato Evasio Muraro che
ha seguito fin dalle primissime ore il dramma degli “esodati”. Oltre a
concedere l’utilizzo di La fabbrica in silenzio (una delle Canzoni di uomini di latta) per un videoclip di presentazione del comitato (lo
si trova in rete), Evasio ha trovato modo di suonare anche nella conferenza
stampa, in versione unplugged. Ma per il concerto si è presentato in una veste
tutta inedita, dalle canzoni (che confluiranno nel nuovo disco, previsto per
l’anno prossimo) al gruppo, duro ed elettrico. Una svolta radicale: sostenuto
da una sezione ritmica rocciosa, da una chitarra acida, dal genialoide
sassofono baritono di Lorenzo Rota e dalle voci, ha sfoderato per Contiene
il cielo, Giorni, Infinito viaggio, Puzzo di fame, Venti volte e Scontro tempo, un suono sporco, grezzo, deciso e sfrontato i cui
parenti prossimi sono i Los Lobos di Colossal Head. Richiamato sul palco, ha concluso con la “sua” idea
del Disertore di Boris Vian (e non
sarebbe male risparmiare qualcosina dagli armamenti per pagare sussidi e
pensioni) e infine con O cara moglie
di Ivan Della Mea. Un’idea molto “utile” di musica e un modello, quello di C’era
una volta il lavoro da esportare
senza esitazioni: con il secolo in corso, le piazze vanno “occupate” così. (Alessandra Longo sul Buscadero numero 347, luglio/agosto 2012; la fotografia è di Fabrizio Del Fiacco)
Nessun commento:
Posta un commento