Sono
Grazia e sono anch’io un’esodata. La multinazionale Akzo Nobel per la quale ho
lavorato per quasi 34 anni ha deciso nel 2009, senza mezzi termini, di
chiudere. Il sito era diventato improduttivo e la “casa madre ” olandese cosa
fa? Tira una riga su 155 persone e sulle loro famiglie, non su numeri, su
uomini e donne che hanno sempre creduto in quell’uomo con le braccia aperte che
è il logo della nosra società. Braccia aperte per chi e per che cosa? Così
iniziamo il calvario di contrattazioni, scioperi e interpellanze ai ministeri.
A nulla è servita la visita al nostro stabilimento dell’onorevole Rosy Bindi,
di sua eccellenza il vescovo monsignor Merisi: si chiude! Cassa integrazione
guadagni straordinaria per 24 mesi e poi mobilità di uno, due, tre anni anni a
seconda dell’età anagrafica. Qui viene il bello perché pochi mesi prima della
cassa, mi propongono un lavoro, completamente diverso dal mio, presso un
distaccamento inglese della stessa società, aperto non si sa bene come nel
nostro sito ormai in dismissione. Comunque accetto, mi mancano altri anni per
la pensione, anche dopo quelli di mobilità e poi mi sono detta: cambio tipo di lavoro, ho passato la
cinquantina da un po’, è vero, ma non mi manca la voglia di imparare cose nuove
e mi sono buttata a capofitto nel nuovo lavoro. Ho pensato spesso ai miei
colleghi ai quali non era stata offerta questa opportunità, mi sentivo
fortunata e nello stesso tempo dicevo che non si può rifiutare un lavoro, che
poi forse avevano proprio bisogno di una figura come la mia, oltretutto facevo
il part-time e costavo poco. Da subito però non mi quadrano alcune cose, certe
cose dette e non dette, avevo due diretti superiori “fantasmi”, li sentivo solo
telefonicamente, ma non potevo e non volevo mollare, dovevo resistere per me e
per la mia famiglia. Alla fine ho capito: mi hanno usata per “traghettare” il
loro business dall’Inghilterra a
Fombio per poi trasferire la baracca ma senza la burattina (cioè la sottoscritta)
nella sede Akzo di Novara, più vicina a dove abitavano. A questo punto, dopo
sei mesi di lavoro e i loro apprezzamenti per la mia buona volontà mi hanno
fatto velatamente capire che era meglio rientrassi anch’io in cassa
integrazione con i miei ex-colleghi. Mi avrebbero aiutato, bontà loro, a
raggiungere la pensione con un’integrazione. Anche qui mi sono sentita
fortunata, l’integrazione mi sarebbe servita per pagare i contributi per raggiungere
la pensione… Quella pensione coi vecchi parametri che avevamo quando abbiamo
firmato gli accordi ministeriali. Invece adesso ? Adesso è arrivato il nuovo
governo di tecnici e non ho più certezze né per il futuro lavorativo né per la
pensione, troppo vecchia per il lavoro, troppo giovane per la pensione che si
allontana sempre di più!
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