Relazione della "Rete dei Comitati"
in audizione congiunta commissioni bilancio e finanze
in audizione congiunta commissioni bilancio e finanze
Stimati presidenti della V e della VI
commissione e stimati onorevoli deputati delle commissioni sono Angelo Moiraghi
delegato in questa sede a rappresentare la “Rete dei Comitati” ed esprimo
anzitutto un saluto ed un ringraziamento per aver reso possibile questo
incontro. La nostra “Rete” è costituita da 15 comitati i cui componenti
appartengono un po’ a tutte le categorie di “esodati”. La “Rete dei Comitati" di "esodati” è
veramente riconoscente per aver consentito questo confronto con le istituzioni
in questa sede ufficiale. Approfittiamo per ringraziare anche la
commissione lavoro della camera di questa e della precedente legislatura per
l’ascolto e l’attenzione che ha posto fin dall’inizio alle nostre giuste rivendicazioni. Coscienti che la fase contestuale dei vostri lavori sia quella
relativa alla conversione in legge del D.L. 102 del 31/8/2013, relativamente
agli aspetti riguardanti il TITOLO II, in particolare l’art. 11, non possiamo
che essere lieti per il riconoscimento che in tale articolo viene finalmente
riservato a quella platea totalmente dimenticata finora dalle Istituzioni
Governative e che nel nostro dossier è definita semplicemente categoria dei “licenziati”.
Di questa specifica categoria e delle problematiche riscontrate dalla “Rete dei Comitati” nel D.L. argomento primo dell’audizione ha parlato Marta Pirozzi
nella prima parte dell’audizione. Ma non possiamo non cogliere questa
occasione e il “pulpito” offertoci per denunciare, con la passione che mettiamo
da quasi 2 anni nella nostra lotta, l’intero dramma e la grave ingiustizia
sociale che la sciagurata riforma delle pensioni “Fornero” ha provocato nel
Paese. Sia chiaro e di assoluta trasparenza che
l’obiettivo della nostra "Rete" non è quello di contestare o stravolgere la
riforma in se stessa, che pure merita assolute censure per le iniquità prodotte
e per la mancanza assoluta di gradualità, poiché quello di modificare norme di
tale importanza è compito delle forze Istituzionali della nostra democrazia! Ma certamente, nella nostra autonomia, non
possiamo esimerci dal perseguire l’obiettivo democratico e sociale di far
ripristinare il diritto leso dall’improvvida riforma! Da questo principio deve
discendere l’individuazione dei soggetti che di tale diritto sono stati
privati, cioè di coloro che devono essere interessati dalla salvaguardia! D’altronde non ci sentiamo più soli, né
nell’affermare le nostre Ragioni
né nella rivendicazione del rispetto del Patto Sociale, come invece e’
avvenuto quando abbiamo iniziato la nostra lotta quasi 2 anni fa. Infatti siamo finalmente in ottima compagnia considerando:
1. Le affermazioni dell’ex presidente della
camera dei deputati, onorevole Fini, che pubblicamente invitava governo e Parlamento
a modificare “al più presto” la legge 214, in riferimento alla riforma
pensionistica inseritavi, al fine di “garantire il pieno rispetto dei principi
costituzionali in materia di uguaglianza del cittadino davanti alla legge ..”
(Presentazione del bilancio INPS - 29/05/2012 - presso la Camera – testo e
video disponibile su sito camera e sito INPS
http://webtv.camera.it/portal/portal/default/Archivio?IdEvento=5022&IdIntervento=322).
2. Analoghe affermazioni e impegni sono stati
sollecitati dai presidenti della camera, onorevole Laura Boldrini, e da quello del
senato, senatore Pietro Grasso nei loro discorsi d’insediamento.
3. E
soprattutto l’attuale presidente del consiglio, onorevole Enrico Letta, ha
chiaramente ed incontestabilmente affermato nel discorso programmatico di
insediamento alle camere “in particolare con i lavoratori "esodati"
la comunità ha rotto un patto, e la soluzione strutturale di questo problema è
un impegno prioritario di questo governo!”, ribadendolo proprio ultimamente con
le parole “affronteremo il problema terribile degli esodati, perché lo stato
non ha rispettato un accordo preso con loro e occorre ristabilire un clima di
fiducia nel paese" (Reuter 30/8/2013).
Ora però, riconosciuto l’errore fatto con
l’approvazione di una riforma iniqua e assolutamente non graduale, non si può
più chiedere di avere fiducia a chi é stato tradito dallo stato nelle sue
attese, ma sono le istituzioni che devono dimostrare che le parole spese dal
parlamento e dal governo hanno
ancora un senso in questo paese, che le parole in politica sono “fatti e
sostanza” e non mera “manipolazione dell’opinione Pubblica”! Pensiamo che sarebbe imperdonabile per voi
e per gli altri vostri colleghi parlamentari commettere ora questo errore di
valutazione delle attese di quella parte del paese che ancora vuol credere
nello stato di diritto! Vediamo allora: qual è questo patto che la
comunità ha violato?
Non può esserci alcun dubbio osservando le
conclusioni della corte costituzionale nella sent. n. 822/1988 che, in merito
alle disposizioni che vanno a modificare le norme pensionistiche, afferma che: “Dette disposizioni, però, al pari di
qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento
irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in
essere da leggi precedenti, frustrando così anche l'affidamento del cittadino
nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed
indispensabile dello Stato di diritto (v. sentt. nn. 36 del 1985 e 210 del 1971)” e prosegue affermando che: “Sono di ordine secondario le altre
ragioni, quali il conseguimento di un gettito fiscale per coprire gli oneri dei
trattamenti dovuti anche alle categorie con contribuzione bassa o nulla,
secondo il principio solidaristico, nonché …” . Per cui le motivazioni di
copertura economica non possono trovare giustificazione costituzionale alla
violazione del patto Stato-cittadino! Definitivamente la corte sentenzia che vale “...il principio della garanzia della
sicurezza sociale, che è anch’esso di ordine costituzionale (art. 38), oltre
che le innegabili ragioni di giustizia sociale e di equità per cui non possono
effettuarsi riforme o conseguire risultati a danno di categorie di lavoratori
in genere, ed in specie di quelli che sono prossimi alla pensione o sono già in
pensione. Invece, per la prima volta nella storia
della nostra repubblica, cosa mai successa in alcun altro stato europeo, è
stata fatta una “riforma delle pensioni” senza gradualità, senza cioè che la sua entrata in vigore fosse
preceduta da un necessario e congruo periodo di “transizione” che evitasse da
un lato le illegittimità già sanzionate dalla corte costituzionale e dall’altro
il dramma sociale di centinaia di migliaia di famiglie. Ma non basta, poiché la stessa Corte
afferma che una tale violazione non può comunque trovare giustificazione
nemmeno con motivazioni di ordine economico. In aggiunta, alla evidente violazione fin
qui discussa si aggiunge l’assurdo quando nelle norme viene definita anche la
“lotteria” dei diritti legiferati
laddove si va a limitare un pari-diritto a un numero predeterminato di
persone! Allora ecco che si qualificano con estrema
chiarezza i termini reali, giuridici, legittimi e politici della questione.
Quei termini che occorre riprendere “in toto” perché possa consentirsi il
ripristino della fiducia dei cittadini verso le istituzioni, oggi così
compromessa! Certo, la “Rete” non intende qui
fuoriuscire dai limiti che si è data nella sua costituzione, per cui nel nostro
campo di azione i soggetti a cui facciamo riferimento sono solo ed
esclusivamente quelli privi di attività lavorativa a tempo indeterminato e del conseguente sostentamento, o che
sono già destinati a diventarlo in virtù di accordi irrevocabili. Per questo, alle precedenti evidenze, siamo
costretti ad aggiungere le violazioni dirette dei patti che lo Stato, in forma
di Istituzione nelle varie articolazioni centrali e periferiche ovvero in
qualità di azionista o addirittura di diretto datore di lavoro, ha compiuto. Ci riferiamo: agli accordi di mobilità che sono
obbligatoriamente sottoscritti con avallo degli organi dello Stato nei casi che
prevedono l’accompagnamento alla pensione, per i quali le norme inserite nella
riforma "Fornero" non salvaguardano tutti i lavoratori coinvolti; alla violazione del contratto
assicurativo sotteso alla contribuzione volontaria, ancor più quando viene
disattesa la norma al riguardo
prevista dalla legge 247 del 2007; alla mancata salvaguardia di parte dei
dipendenti pubblici in esonero dal servizio; alla mancata salvaguardia di parte dei
lavoratori dipendenti di aziende dello Stato, i quali avevano sottoscritto
accordi di esodo individuale o collettivo, come per esempio è avvenuto per Poste, Enel, Eni, Poligrafico e Zecca dello
Stato, etc. … Allora quei termini, che devono costituire
il faro per la soluzione definitiva e per il ripristino del “patto violato
dallo stato”, sono facilmente esprimibili e contenuti in 2 semplici e brevi
requisiti che identificano con chiarezza, e senza alcuna ambiguità, il diritto
alla salvaguardia pensionistica per tutti i soggetti che: 1. Non erano più occupati al 31.12.2011 per
avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, oppure che avevano entro
quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che come esito finale
hanno previsto il futuro licenziamento, purché 2. Maturino il requisito pensionistico con
le previgenti norme entro il 31.12. 2018. Con il primo requisito semplicemente si
pone come condizione che al 31.12.2011 il destino lavorativo del soggetto sia
oramai “segnato irrevocabilmente” dalla cessazione dell’attività lavorativa,
già “in essere” o successiva quando frutto di accordi già sottoscritti a quella
data. Con il secondo requisito si pone come
condizione che il soggetto debba comunque conseguire, con le regole
pensionistiche precedenti all’entrata in vigore della riforma “Fornero”, la
maturazione del requisito alla pensione (e non della maturazione della
decorrenza) “entro un congruo periodo di
transizione”. La scelta della “data congrua” è stata
individuata dai Comitati in “Rete” sia sulla base delle precedenti definizioni
di periodi transitori in presenza di modifiche legislative delle norme
pensionistiche, sia dal limite (forse anche superiore poiché va al di là del
2018) già contenuto in alcune delle norme di salvaguardia previste dal ministro
Fornero ed approvate nell’ambito della definizione dei contingenti di soggetti da salvaguardare (vedi L.
135/2012 art. 22 relative alla voce degli accordi che prevedono la fruizione di
periodi sequenziali tra loro di differenti ammortizzatori sociali). Per la valutazione del possesso dei
requisiti di salvaguardia e’ altresì fondamentale che non vengano considerate
né l’adeguamento dell’’aspettativa
di vita ne’ l’aumento dell’età
pensionabile per le donne. Ma a fronte della semplicità del
ragionamento che avrebbe dovuto guidare la definizione delle norme di
salvaguardia appena illustrato e del riconoscimento della mancanza di
“transitorio” nella riforma "Fornero",
il comportamento legislativo finora seguito per sanare la riconosciuta
ingiustizia e’ stato una
legiferazione a “macchia di leopardo” Talmente confusa e contraddittoria che
anche per coloro che dovrebbero dirsi salvaguardati non cesserà l’angoscia fino al ricevimento del
primo assegno pensionistico. L’effetto più devastante
dell’approssimazione normativa é stata la creazione di enormi “sacche” di
persone non salvaguardate abbandonate al loro destino. Quante sono queste persone? In 2 anni il Ministero del Lavoro, che
dovrebbe perfettamente conoscere i numeri , non è stato in grado di dirlo
nonostante le numerose interrogazioni parlamentari, alcune delle quali
ancora giacenti. L’unico vero ed obiettivo dato ufficiale fino ad ora disponibile è quello certificato in seduta parlamentare dal D.G.
del’INPS il 19 aprile 2012: sono
390.200 persone, escludendo l’area oggi finalmente ricompresa dei “licenziati
unilaterali”!!! Finora le norme
hanno salvaguardato circa 136.500 di questi soggetti: l’enorme “sacca” sarebbe perciò costituita da oltre 250.000
persone!! E’ con questo numero che il Parlamento e le Istituzioni devono
confrontarsi!!! Eppure per disporre delle risorse
necessarie per risolvere definitivamente la questione “Esodati” basterebbe ad
esempio parte delle risorse recuperate dal rinvio di pochi anni del
provvedimento di soppressione dell’IMU o
parte del maggior risparmio sulla previsione di spesa pensionistica
rispetto a quanto inizialmente calcolato , e indicato nella relazione INPS in
circa 35 Mld di euro fino al 2021. Infine vogliamo qui ricordare, in risposta
a come spesso viene presentata nei media la situazione degli “esodati”, che
nessuno dei lavoratori di cui chiediamo la salvaguardia ha potuto realmente
gestire il proprio destino lavorativo poiché vittime di licenziamenti causati
dalla crisi del “settore produttivo”. Tanto premesso e con l’evidenza della “stella polare" data
dai 2 semplici requisiti più sopra
esposti vi rimandiamo alla lettura
della parte del dossier consegnatovi in cui al capitolo 5 si elencano le
“sacche” di persone prigioniere di questa ingiustizia e che subiscono danni,
angosce e privazione, benché rispondano pienamente al principio di salvaguardia
indicato. I casi di non salvaguardia sono nascosti in tutte le macro-categorie
fin qui individuate: dai
mobilitati agli esonerati, dai cessati con accordo individuale o collettivo ai
licenziati unilateralmente, dai contributori volontari ai Fondi di Solidarietà
di settore. Per il dettaglio, e al fine di non appesantire questa relazione, vi invitiamo quindi
alla lettura attenta e puntuale del dossier (in particolare a partire da pag. 18
per ciò che riguarda le richiesta per le varie platee), ma siamo qui
disponibili, con i rappresentanti dei comitati delle varie categorie, a rispondere
ora e anche successivamente a tutte le vostre domande. Approfittiamo di questa occasione anche per
denunciare il ritardo dell’emissione del decreto ministeriale per il sostegno al reddito per i soggetti colpiti
dall’allungamento delle finestre di attesa previste dalla legge 122/2010. L’attività che la “Rete” svolge sul
territorio attraverso gli “sportelli esodati” in varie città (Roma, Milano,
Parma, Livorno, Torino etc..)
conferma la numerosità di casi e riscontra situazioni di vera angoscia
non raramente associate a sintomi
patologici e psicologici dovuti alla disperazione esistenziale generata dalla mancanza di futuro. Al contrario di quanto ancora affermato da
alcuni parlamentari secondo cui non ci sarebbe fretta per risolvere definitivamente la questione
“esodati” in quanto attualmente non ci sarebbero casi di persone lasciate senza
reddito, possiamo affermare senza timore di essere smentiti , che tali
affermazioni sono false e vi e’ la necessità immediata di intervenire per
risolvere la situazione dei restanti casi di non salvaguardia; attendere ancora
sarebbe vergognoso e disumano!!! Pertanto vi chiediamo:
1. che nella conversione in legge del D.L.
201 del 31/8/2013 in discussione attualmente alle Camere sia quantomeno
approvato un emendamento di un solo articolo che abbia carattere di “clausola conclusiva” che definisca il
“principio generale degli aventi diritto a salvaguardia” per gli esodati, in
maniera da impegnare anche nel futuro le
Legislature ed i Governi. Tale clausola deve definire che lo Stato si
impegna a salvaguardare tutti i soggetti le cui caratteristiche corrispondono
al principio definito dai due requisiti riportati nel dossier distribuito (a
titolo Drammi individuali e disagio sociale: la riforma Fornero delle pensioni)
e illustrati a pagina 11 ultimo capoverso, che si riportano integralmente di
seguito: a. Non essere più occupati al 31.12.2011
per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, ovvero avere entro
quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che come esito finale
prevedano il futuro licenziamento. b. Maturare il requisito pensionistico con
le previgenti norme entro il 31.12.2018. Vi chiediamo altresì:
2. Di procedere con l’approvazione urgente
entro l’anno in corso, e indipendentemente dalla legge di stabilità, della
proposta di legge 727, collegata ad altre di pari argomento presentate da vari
partiti, e giacente in commissione lavoro. A tale la proposta di legge integrata in sede di
commissione lavoro chiediamo venga riservata una corsia preferenziale per la
notevole urgenza di carattere sociale che essa riveste. Sarà certamente il
reale avvio a soluzione del dramma delle centinaia di migliaia di famiglie
ostaggio della disperazione e dell’ impotenza generata dall’iniqua riforma
pensionistica.
Dimostrateci che lo Stato vuole davvero
ripristinare il patto violato!!!
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