Sono Alessandro Cremonesi, un “lavoratore
incentivato all’uscita rispetto alla crisi aziendale” nell’anno 2011 e chiamato
volgarmente “esodato”. Un operaio nato nel 1955 con anzianità di 36 anni
e 7 mesi al maggio 2011: avrei fatto i 40 anni ad ottobre 2014. Nell’ambito di
una ristrutturazione aziendale della multinazionale Unilever Manufacturing con
sede a Casalpusterlengo (Lo), anche se ero stato riconfermato, ho accettato la
proposta di percorso al pensionamento con le leggi in vigore a quella data. La
proposta, seguendo gli accordi sindacali della ristrutturazione, era la
seguente: 3 anni di mobilità (avendo 57 anni) fino a fine maggio 2014,
l’importo per il pagamento dei contributi di 5 mesi per arrivare ai 40 anni
(ottobre 2014) da versare all’INPS a fine mobilità, il sostegno
economico dei 12 mesi di finestra mobile e il recepimento della pensione
a febbraio 2016 per l’ulteriore aggiunta di 3 mesi di aspettativa di vita. Ora
mi è caduto il mondo in testa perché la beffa è doppia: con le nuove leggi mi trovo
senza lavoro e senza pensione. Voglio fare notare che al momento di essere
incentivato all’uscita eravamo 3 operai uscenti ed abbiamo permesso il
reintegro di 3 giovani cassaintegrati. Il governo Monti ora ci ha messo in una
situazione che per me non è più sostenibile da un punto di vista
psicologico e infatti sono
costretto a prendere farmaci per mantenere un minimo di serenità. Ma purtroppo
tutto ciò ricade in modo negativo anche sulla buona armonia familiare e
questo aggrava ancora di più il mio sconforto. Ora stiamo
percorrendo la via legale che sarà intrapresa dai sindacati, presso la
corte costituzionale, per perseguire l'incostituzionalità del decreto di dicembre 2011.
La motivazione è che un decreto può cambiare la condizione di diritto di un
lavoratore in costanza di rapporto di lavoro, non può cambiarla quando il
lavoratore ormai il lavoro l’ha perso, infatti diventa il soggetto che non solo
subisce il cambiamento ma paga anche il prezzo del cambiamento. Risultato che
il lavoratore viene messo nella condizione di non avere anche un futuro. Il
nuovo diritto alla pensione passa dal 1 febbraio 2016 al 1
settembre 2017 compreso l’aspettativa di vita. Sarei scoperto di contributi per
3 anni (dall’ottobre 2014 all’ottobre 2017), e senza stipendio. Basta non ne
posso più! Non siamo numeri ma persone con una dignità, che ora dopo una vita
di lavoro ci è stata tolta.
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