giovedì 8 maggio 2014

Non siamo qui per le caramelle (18)


Il mio dramma lavorativo ebbe inizio alla fine del 2007, quando, dopo 34 anni di onorato servizio, a causa della chiusura inaspettata della mia ditta, mi trovai con l’essere messo in mobilità per 3 anni e così da lavoratore passai a essere un “esodato” a tutti gli effetti. Faccio una precisazione: a me in quel momento mancavano 6 anni per maturare i 40 anni per andare in pensione, poi ci pensò la sciagurata riforma Fornero ad aggravare la situazione, portando a 42 anni e 10 mesi la decorrenza pensionistica. In quel momento il mio unico scopo era quello di ricominciare da zero e trovare ogni volta un lavoro che mi permettesse di prolungare il più possibile la mia mobilità. Grazie al cielo, anche per merito della mia tenacia e caparbità, sono quasi sempre riuscito a trovare subito un lavoro non appena ne terminavo uno, ma vi assicuro che ricominciare ogni volta da zero non è stato per niente facile. Così facendo sono riuscito nell’intento di portare la mobilità al massimo possibile, vale a dire 6 anni, ma veniamo agli ultimi avvenimenti: alla fine del 2012, visto l’avvicinarsi dei 40 anni di contributi, decisi di fare, presso l’INPS, la domanda di salvaguardia. Ciò vuol dire che, stando ai criteri governativi, chi fosse stato licenziato in un periodo antecedente il 2010 e avesse maturato i 40 anni all’interno della mobilità, poteva ritenersi salvaguardato a tutti gli effetti (e io ero uno di quelli). Nei primi mesi del 2013 cominciò il mio calvario con l’ente cosiddetta INPS e con il patronato. Cominciai a fare strade su strade all’INPS, ogni volta partivo con il cuore gonfio di speranza, per poi tornare a casa con l’angoscia di non aver trovato risposte, anche perché tutte le volte, le parole erano sempre le stesse: “Lei potrebbe rientrare nei 65.000, nei 55.000, forse nei 6.500, non saprei, torni più avanti, stiamo aspettando il decreto e avanti di questo passo”. Lo stesso calvario con il patronato: decine di strade, sempre più logorato nella testa e nell’animo: anche lì grande confusione: “Sì, potresti, forse, magari, se fosse per me nei 6.500 potresti rientrare, secondo me faresti bene a trovarti un lavoro tanto non sei salvaguardato, paga pure i contributi volontari e così via”. La rabbia era che io sapevo di rientrare in quella categoria, e anche altre persone più competenti di me, avevano sposato la mia teoria. Andiamo avanti: siamo nel mese di settembre, la mia mobilità stava per finire, stavo già entrando nell’ordine delle idee di pagarmi i contributi volontari (che non avrei dovuto pagare!), che voleva dire due anni di versamenti, nell’ordine 17.000 e 18.000 euro o giù di lì, calcolando anche due anni senza reddito, ovvero a zero euro. Potete immaginare come potevo sentirmi in quei momenti: ero come in un gorgo che mi stava risucchiando inesorabilmente, quando un bel giorno di ottobre, per una pura casualità che mi cambierà la vita, vengo a conoscenza dell’esistenza di un comitato nel Lodigiano che si occupa in modo totale del problema degli “esodati”. Il giorno dopo con l’ansia che mi contraddistingue mi presento a loro e devo dire che sono stato accolto con l’umanità e il calore come se fossi sempre stato uno di loro, e di questo gliene sarò sempre grato. Comunque, una volta fatta vedere la mia documentazione alla persona del comitato più esperta in materia, nel giro di una minuto ho avuto la risposta che nessun entre preposto ha saputo darmi: il fatto he fossi un salvaguardato a tutti gli effetti. Così, con questa disponibilissima persona, decidemmo di andare insieme all’INPS per vederci più chiaro e una volta lì, con stupore, scoprimmo che la mia domanda fatta un anno prima non era mia partita. Incredulo e senza parole, l’incaricato INPS ha sbloccato e fatto partire immediatamente la mia domanda e dopo dieci giorni ho avuto la risposta attesa da mesi, quella di essere un salvaguardato a tutti gli effetti. In quel preciso momento, ho rivisto la luce in fondo al tunnel: non ho nessuna vergogna nel dire di essermi messo a piangere fuori dall’INPS, da solo, uno sfogo che era rimasto soffocato per mesi dentro di me, e che adesso posso liberare. Voglio chiudere dicendo che se fosse stato per le istituzioni, per i patronati o per chi altro, ora sarei ancora nella disperazione più totale e invece posso dire che gli angeli esistono veramente e possono nascondersi nelle persone più semplici e altruiste di questo mondo. Comunque, e non mi stancherò mai di dirlo in tutti i modi, grazie con tutto il cuore al comitato “esodati” di Lodi. (Mario)

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