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Sono Alessandro
Cremonesi, un operaio nato nel 1955, uscito dall’azienda nel maggio 2011 con
circa 37 anni di contributi, e avrei fatto i 40 anni di contribuzione ad
ottobre 2014. Da ormai quasi tre anni faccio parte dei cosiddetti
lavoratori “esodati”, nome terribile che la stampa ha
ormai scelto per descrivere la vicenda di noi dipendenti più anziani
incentivati a uscire dalla propria azienda o fabbrica con la prospettiva di
poter approdare alla pensione in nome di un “patto generazionale” che salvava i lavoratori più giovani. Solo che questo avveniva con le vecchie regole del sistema previdenziale, prima che, in un solo colpo,
il governo Monti portasse l’età minima per la pensione a 66/67 anni. Nel mio caso il mio nuovo diritto alla pensione passa dal 1 febbraio 2016 al 1
settembre 2017, comprese le aspettative di vita. Dovendo versare all’INPS l’importo dei
contributi volontari, il versamento, per circa 3 anni si
aggira intorno ai 36.000 euro. Sarei stato
però senza stipendio e ne servivano come
minimo 50.000 per vivere. Totale, se mai li avessi avuti, 86.000 euro. Signori, tutto ciò non è un dramma? Ultima possibilità la pensione di
vecchiaia al primo luglio 2022. E’ da quell’ora che la Fornero mi ha stravolto
la vita, mi ha cambiato il comportamento verso gli altri, rendendomi pesante per i soliti argomenti toccati.
Mi ha cambiato il mio modo di vivere all’interno della famiglia, sgretolandone l’armonia. Mi ha fatto
scoprire la lunghezza delle notti insonni che prima passavano serene e
riposanti. Psicologicamente tutto ciò ha influito sul mio modo di essere. La
mia mente è stata marchiata con un timbro da una esplosione di rabbia e voglia
di reagire che a stento riesco a
controllare. Provate voi ad immaginarvi di essere in una tale situazione
psichica, capireste come è dura riuscire a trattenersi dal gridare, e non
nascondo che ho avuto anche l’idea di agire in modo violento verso me stesso. Non ho la
fortuna di avere un carattere forte, sono molto sensibile e al pensiero di
vedermi tolta la mia dignità,
di essere un fallito dopo
avere lavorato per una vita, mi portava a credere che fosse la soluzione per
ottenere l’attenzione delle istituzioni, non quanto su di me, ma su questo dramma sociale. Per fortuna nel comitato “esodati” di
Lodi ed in un grande sindacalista della CGIL, ho trovato conforto e la volontà di reagire e
combattere. Grazie infinite! Nel frattempo
sono passati due governi e questo, ahimè di Renzi, e non siamo arrivati a soluzione nonostante vari proclami e
riconoscimento del patto rotto dallo stato. Voglio che il dramma dei cosiddetti “esodati” non
“salvaguardati” e delle loro famiglie entri nei vostri cuori e che fuori da
queste mura vi dia la forza di condividere questa sofferenza ed essere solidali
con noi. Noi non accettiamo soluzione alcuna se non il riconoscimento di andare
in pensione con le regole antecedenti la riforma Fornero. Punto e basta! Ultima cosa molto importante, per
me e per alcuni di noi, è la salvaguardia ottenuta tramite l’accordo con la
regione Lombardia. Si tratta della
possibilità di collegarsi al decreto dei 10.130 raggiungendo il
requisito dei 40 anni contributivi durante la mobilità in deroga regionale. Non
ci risolverà il problema, che resta, ma è di sicuro una valida risposta
nell’immediato. Un traguardo ottenuto grazie alla caparbietà e competenza di
alcuni nostri “esodati” del comitato
di Lodi e del coordinamento
“esodati” della
regione Lombardia di cui non faccio i nomi (Vincenzo Gnasso, Antonio Perna e Guido Sansottera)
che hanno sempre creduto a questo risultato, alle parti sociali che hanno permesso e
sottoscritto l’accordo, in particolare al
consigliere regionale Foroni e
all’onorevole Fedriga, componente della commissione lavoro
alla camera, che sono riusciti,
l’uno ad ottenere i finanziamenti regionali dopo insistenti e assidue pressioni sui vertici lombardi, l’altro
ad avere ottenuto le autorizzazioni necessarie pressando a Roma le istituzioni
nazionali INPS e ministero del lavoro. Purtroppo questo, essendo il massimo che
la regione Lombardia poteva fare, non ha portato tutti gli “esodati”
lombardi in salvaguardia, ma solo ad una tipologia di essi.
Quindi il comitato di Lodi deve continuare, soprattutto a livello nazionale, a combattere insieme
ai comitati in rete
perché si giunga a una soluzione
unica e definitiva.
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