giovedì 8 maggio 2014

Non siamo qui per le caramelle (19)


Sono Alessandro Cremonesi, un operaio nato nel 1955, uscito dall’azienda nel maggio 2011 con circa 37 anni di contributi, e avrei fatto i 40 anni di contribuzione ad ottobre 2014. Da ormai quasi tre anni faccio parte  dei cosiddetti  lavoratori  “esodati”,   nome terribile che la stampa ha ormai scelto per descrivere la vicenda di noi dipendenti più anziani incentivati a uscire dalla propria azienda o fabbrica con la prospettiva di poter approdare alla pensione in nome di un “patto generazionale”  che salvava i lavoratori  più giovani.  Solo che questo avveniva con le vecchie  regole del  sistema previdenziale, prima che,  in un solo colpo,  il governo Monti portasse l’età minima per la pensione a 66/67 anni. Nel  mio  caso il mio nuovo diritto alla pensione passa dal  1 febbraio  2016 al  1 settembre 2017, comprese le aspettative di vita. Dovendo versare  all’INPS  l’importo  dei contributi volontari, il versamento, per circa 3  anni  si aggira  intorno ai  36.000 euro.  Sarei  stato però  senza  stipendio e ne servivano come minimo  50.000  per  vivere. Totale, se mai li avessi avuti, 86.000  euro. Signori, tutto ciò non è un dramma? Ultima possibilità la pensione di vecchiaia al primo luglio 2022. E’ da quell’ora che la Fornero mi ha stravolto la vita, mi ha cambiato il comportamento verso gli altri, rendendomi  pesante per i soliti argomenti toccati. Mi ha cambiato il mio modo di vivere all’interno della famiglia,  sgretolandone l’armonia. Mi ha fatto scoprire la lunghezza delle notti insonni che prima passavano serene e riposanti. Psicologicamente tutto ciò ha influito sul mio modo di essere. La mia mente è stata marchiata con un timbro da una esplosione di rabbia e voglia di reagire  che a stento riesco a controllare. Provate voi ad immaginarvi di essere in una tale situazione psichica, capireste come è dura riuscire a trattenersi  dal  gridare,  e non nascondo che ho avuto anche l’idea di agire  in  modo  violento verso me stesso. Non ho la fortuna di avere un carattere forte, sono molto sensibile e al pensiero di vedermi tolta la mia dignità,  di  essere un fallito dopo avere lavorato per una vita, mi portava a credere che fosse la soluzione per ottenere l’attenzione delle istituzioni, non quanto su di me, ma su  questo dramma sociale. Per fortuna nel comitato “esodati” di Lodi  ed in un grande  sindacalista  della CGIL, ho trovato conforto e la volontà di reagire  e  combattere. Grazie infinite! Nel frattempo sono passati due governi e questo, ahimè di Renzi,  e non siamo arrivati a soluzione nonostante vari proclami e riconoscimento del patto rotto dallo stato. Voglio che il dramma dei  cosiddetti “esodati” non “salvaguardati” e delle loro famiglie entri nei vostri cuori e che fuori da queste mura vi dia la forza di condividere questa sofferenza ed essere solidali con noi. Noi non accettiamo soluzione alcuna se non il riconoscimento di andare in pensione con le regole antecedenti la riforma Fornero. Punto e basta! Ultima cosa molto importante, per me e per alcuni di noi, è la salvaguardia ottenuta tramite l’accordo con la regione Lombardia. Si tratta della  possibilità di collegarsi al decreto dei 10.130 raggiungendo il requisito dei 40 anni contributivi durante la mobilità in deroga regionale. Non ci risolverà il problema, che resta, ma è di sicuro una valida risposta nell’immediato. Un traguardo ottenuto grazie alla caparbietà e competenza di alcuni nostri “esodati” del comitato  di  Lodi e  del  coordinamento  “esodati” della  regione  Lombardia  di  cui  non  faccio  i  nomi (Vincenzo Gnasso,  Antonio Perna e Guido Sansottera) che  hanno sempre  creduto a  questo risultato, alle parti sociali che hanno permesso e sottoscritto l’accordo, in particolare al  consigliere  regionale  Foroni  e  all’onorevole  Fedriga,  componente della commissione lavoro alla camera,  che sono riusciti, l’uno ad ottenere i finanziamenti regionali dopo insistenti e assidue  pressioni sui vertici lombardi, l’altro ad avere ottenuto le autorizzazioni necessarie pressando a Roma le istituzioni nazionali INPS e ministero del lavoro. Purtroppo questo, essendo il massimo che la regione Lombardia poteva fare, non ha portato tutti gli “esodati” lombardi  in salvaguardia,  ma solo ad una tipologia di essi. Quindi il comitato di Lodi deve continuare,  soprattutto a livello nazionale, a combattere insieme ai  comitati  in  rete  perché  si  giunga  a una soluzione  unica e  definitiva.

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