sabato 25 marzo 2017

Essere o non essere...


Ma... Chi sono gli esodati
di Angelo Moiraghi

1. Esodati: la premessa. 

Al di là delle definizioni, spesso di comodo, che in questia anni sono state “coniate” dai media e dalle istituzioni per questa categoria di ex lavoratori… Chi veramente sono gli esodati? Dal punto di vista dei meri riscontri normativi Gli esodati sono la più grave conseguenza dell'approvazione della “manovra” previdenziale Fornero; ex-lavoratori che, dopo aver contribuito alla sopravvivenza dello stato con il loro lavoro, il pagamento di tutte le tasse e tutti i contributi previdenziali per 35-40 anni e oltre, da un giorno all’altro, con le loro famiglie, sono passati dalla sicurezza sociale del “ceto medio” alla soglia della povertà! Per molti parlamentari un “danno collaterale” della “guerra finanziaria” che nel 2008 ha innescato forse la più grande crisi economica di tutti i tempi, fenomeno che alcuni di essi vorrebbero ancora combattere con la disumana applicazione dell’austerità, o semplicemente, addirittura negando che il dramma di cui essi sono responsabili esista! Ma per capire chi sono umanamente gli esodati occorre riandare al mese di dicembre di 6 anni fa: nell'immaginario collettivo di grandi e piccoli, il mese di dicembre evoca, con le sue feste, la speranza di spensieratezza e di serenità da condividere con i propri cari e i propri amici. Per tutti noi esodati invece il mese di dicembre corrisponde a una sola data: 6 dicembre 2011! Quel giorno fu approvata la “manovra” previdenziale Fornero ed iniziò così il nostro incubo. Dall'oggi all'indomani il nostro diritto alla pensione, ormai prossima, fu leso con inaudita indifferenza, e fummo immolati sull’altare del decreto “salva Italia”. Il nostro presente, e quello delle nostre famiglie, fu precipitato nel baratro della più profonda incertezza economica del futuro e, a distanza di oltre sei anni, per ancora molti di noi quel baratro si è trasformato, nei fatti, in indigenza. La repubblica italiana pone le radici stesse del suo essere nel lavoro ma quel giorno, con una legge applicata retroattivamente a chi era già uscito dal quel mondo o lo sarebbe stato a breve a causa di accordi imprescindibili, lo stato ha calpestato i suoi stessi fondamenti e ci ha umiliati, costringendoci a restare in un limbo senza più lavoro e senza pensione per molti anni, a causa dell’aumento dei requisiti pensionistici retroattivamente applicato anche a noi, usciti ormai da tempo dal mondo del lavoro quando le regole per il pensionamento erano ben altre! Con la presa di coscienza dei soggetti politicamente più attivi e più preparati dal punto di vista previdenziale sono nati allora i primi comitati di ex lavoratori mobilitati, contributori volontari, cessati con accordi, esonerati della pubblica amministrazione, ferrovieri, postali... A Milano, a Roma, a Torino, a Napoli, a Brescia, a Modena, a Lodi e in altre città... Prendendo coscienza della loro condizione, si sono riuniti nella rete dei comitati degli esodati e, forti della loro esperienza e conoscenza della materia, si sono posti come interlocutori privilegiati nei confronti di quelle istituzioni e di quei parlamentari appartenenti trasversalmente a tutte le forze politiche che in questi anni, avendo capito il tragico errore commesso, hanno cercato di porvi rimedio. Nascono in un secondo tempo anche alcuni “sportelli di supporto tecnico e sostegno psicologico agli esodati” che agiscono in sedi istituzionali come le camere del lavoro di Milano e di Roma o, in Lombardia (…ma anche in Liguria), nella sede della regione. In Lombardia, in particolare, la regione si fa anche carico dell’approvazione di un accordo (già operativo in altre regioni) per l’ammissione degli esodati alla fruizione degli ammortizzatori sociali in deroga al fine di poterli far rientrare in una delle salvaguardie. Gli sportelli sono gestiti dagli stessi esodati più “acculturati” sulle norme previdenziali e sulle leggi di salvaguardia che nel frattempo vengono promulgate dal parlamento, persone che sovente si affiancano a funzionari e dirigenti dei patronati e dell’INPS, spesso non sufficientemente “formati” a gestire le complesse situazioni personali che si presentano man mano agli sportelli, permettendo a centinaia di persone alle quali era stata inizialmente rifiutata la salvaguardia di potervi rientrare ed andare in pensione con le norme previgenti! Ma sono decine e decine anche i casi di persone disperate seguite moralmente e materialmente dai responsabili dei comitati! Cosa si celi però psicologicamente dietro la parola esodato purtroppo ai più non è noto perché è una condizione interiore spesso vissuta con senso di colpa; non starò a raccontare di chi, esodato, la mattina, facendosi la barba, evitava di incrociare il proprio sguardo allo specchio perché si sentiva responsabile di aver trascinato nel baratro dell’indigenza la propria famiglia, dopo averla mantenuta per 37, 40 anni con una vita di lavoro, o di chi la mattina trovandosi con gli amici non osava offrire loro un caffè sapendo che al bar sarebbe costato troppo per le sue tasche vuote, o di chi ancora, per pagare le rate del mutuo o dell’affitto e le bollette di gas e luce, ha rinunciato a tutto il rinunciabile intaccando anche quei pochi risparmi di una vita che sarebbero serviti ad aiutare i figli, ed ora si ritrova nella condizione di doversi mettere in fila alla Caritas per poter mangiare! Sto forse romanzando la storia ? Sono convinto di no perché questi sono i casi a cui, allo sportello esodati, ci siamo spesso trovati di fronte! Per raccontare le vicende degli esodati lo scrittore Marco Denti ha scritto il libro Non siamo qui per le caramelle in cui sono raccolte testimonianze vere di esodati e del modo con cui hanno affrontato il loro “dramma”, e il filosofo Antonio Rinaldis ha scritto addirittura un trattato Esodati. Storie vere di un'economia distratta, in cui a queste storie viene associata una riflessione filosofico-politico-esistenziale sulla procurata negazione alla felicità per le persone che hanno subito quest’ingiustizia e si sono ritrovate, a causa della "riforma Fornero", a passare in un giorno dall’essere ceto medio alla precarietà e all'indigenza: i dimenticati dalla finanziaria che doveva salvare l'Italia, simbolo di una classe governativa che ha smesso di operare a favore del bene comune. Considerando quindi le situazioni di disagio, di rabbia, di impotenza a cui ci siamo spesso trovati di fronte ai vari sportelli esodati in cui abbiamo operato possiamo testimoniare che la condizione vissuta da queste persone, laddove non adeguatamente supportata, è spesso sfociata in profonda depressione.

2. Dunque? Problema da risolvere come mera “questione sociale” oppure...!?

Per restare nel nostri comuni e nella nostra regione, per esempio, due tra i maggiori rappresentanti degli sportelli esodati di Milano e di Lodi, Antonio Perna e Vincenzo Gnasso, potrebbero testimoniare i moltissimi casi di persone fortemente ansiose, in preda a stress psicologico per la condizione d’indigenza che la “manovra Fornero” ha loro imposto, costretti ad assumere forti dosi di psicofarmaci, quando non addirittura con alle spalle storie di suicidi già tentati. Senza parlare di persone che per lo stress subito e la difficile condizione psicologica che hanno vissuto si sono seriamente ammalate! E questa, vi assicuro, è spesso la realtà di chi vive questa condizione ! Quindi? La “questione esodati” come mera “questione sociale” a cui lo stato deve rispondere con interventi assistenziali, oppure c’è qualcos’altro da riconoscere per fare giustizia? Noi della rete dei comitati degli esodati, diciamo che la questione è da inquadrare in modo ben più alto e nobile rispetto ad una condizione che richiede la semplice elargizione della carità dello stato! Se consideriamo i risparmi di oltre 340 miliardi di euro sulla spesa previdenziale calcolati dal 2012 al 2050, e che mai, ne’ in alcun paese europeo ne’ in Italia, è accaduto che sia stata fatta una riforma previdenziale a carattere retroattivo, mancante di un adeguato transitorio ai fini della sua applicazione, e priva dei necessari meccanismi di flessibilità in uscita dal lavoro, appare chiaro che la “riforma Fornero" si configura come mera “manovra” finanziaria tesa a fare cassa sulla pelle dei futuri pensionati, ma soprattutto come la rottura di un “patto sociale” da parte dello stato con suoi cittadini prossimi a maturare, entro un ragionevole lasso di tempo, l’agognata pensione; cioè come la violazione di un principio di diritto riconosciuta anche dalle più alte cariche dello stato, come l'ex presidente del consiglio Enrico Letta e gli attuali presidenti di camera e senato! E l'unica soluzione attesa da questi ex lavoratori è il ripristino del "patto infranto”. Ripristino del diritto alla pensione con le previgenti norme, al fine di rispettare il principio della “garanzia della sicurezza sociale”, che è di carattere costituzionale (art. 38), come affermato nella sentenza della corte costituzionale numero 822/1988, nella quale in merito alle disposizioni che possono modificare le norme previdenziali, si afferma che: “Dette disposizioni... Non possono trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l'affidamento dei cittadini nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello stato di diritto”, e che per costoro vale “il principio della garanzia della sicurezza sociale, che e anch’esso di ordine costituzionale (art. 38), oltre che le innegabili ragioni di giustizia sociale e di equità per cui non possono effettuarsi riforme o conseguire risultati a danno di categorie di lavoratori in genere, ed in specie di quelli che sono prossimi alla pensione o sono già in pensione”.  Per perimetrare la platea degli esodati si deve in primis far chiarezza sul significato attribuito al termine esodato. La parola, o meglio l’etichetta, con la quale i media ci hanno marchiato sin dal 2012, ha assunto una connotazione mediatica fuorviante che ancora oggi sta dando origine a interpretazioni a volte riduttive e a volte distorte della platea di persone coinvolte. Secondo la rete dei comitati, organismo di rappresentanza nazionale degli esodati di cui il comitato di Lodi ha fatto parte, la dizione esodato deve valere sia per individuare quelle categorie il cui diritto alla salvaguardia si basa su accordi sottoscritti, sia per identificare categorie che sono invece prive di accordi, e comunque sempre considerando la data di entrata in vigore della “riforma” previdenziale quale spartiacque entro cui circoscrivere la “questione esodati. Ecco dunque che per la rete dei comitati degli esodati due sono allora i requisiti che determinano lo status di esodato di un ex-lavoratore: 1. Non essere più occupato al 31.12.2011 per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, oppure avere entro quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che come esito finale prevedano il futuro licenziamento; 2. Maturare il requisito pensionistico con le previgenti norme entro il 31.12.2018. Il riconoscimento da parte di tutte le istituzioni che il patto infranto dallo stato con gli esodati è rappresentato proprio dalla violazione della “garanzia alla sicurezza sociale” prevista dalla costituzione, ci spinge quindi a rifiutare l’ipotesi di ridurre il nostro dramma esclusivamente ad una mera e semplice “questione sociale” da risolvere solo attraverso l’umiliante “prestito pensionistico” o con una specifica misura di “sostegno al reddito”, ovvero con la carità da parte dello stato, come ultimamente è stato fatto realizzando le misure che prevedono , tra l’altro, l’anticipo pensionistico, misura utile a introdurre una certa flessibilità in uscita dal lavoro ma che nulla c’entra con la “questione esodati”! Certo il sistema previdenziale, erroneamente considerato “in toto” parte del bilancio dello stato, si deve mantenere in equilibrio, ma per ottenere questo risultato non possono essere “rubate” le speranze di chi con 37, 40 anni di lavoro ha pagato tutte le tasse e tutti i contributi previdenziali richiesti: si cominci (e qui faccio solo qualche esempio) a dividere nettamente la previdenza dall’assistenza, mettendo quest’ultima a carico della fiscalità generale, si realizzino infine quei costi standard nelle forniture di materiale per la pubbliche amministrazioni, tanto agognati e solo minimamente realizzati, si operi per il riequilibrio dei fondi pensionistici perennemente sbilanciati in rosso, si faccia in modo, e per tutti, che non debbano più essere pagate pensioni completamente sovradimensionate rispetto ai contributi effettivamente versati, e si pretenda che chi viene scoperto ad evadere miliardi di euro di tasse, le paghi subito e con gli interessi (e qui l’esempio dei miliardi di euro evasi e condonati alle società di gestione dei giochi on-line grida vendetta), e si scoprirà che, nell’economia dello Stato, i fondi per “salvare l’Italia” senza dover “rubare” la pensione agli esodati avrebbero potuto tranquillamente essere trovati… E ne avanzavano pure! Per tutte queste “buone ragioni” ribadiamo, quindi, che l’emergenza sociale degli esodati deve essere, correttamente e giuridicamente inquadrata nell’ambito del mancato rispetto di quel “principio di diritto” alla “sicurezza sociale” previsto dalla costituzione, e la sua soluzione non può che garantire ad essi la possibilità di andare in pensione con le regole previdenziali previgenti quelle imposte dalla “riforma Fornero".

(tratto da un intervento a un convegno del 2015 a Milano su politiche professionali e previdenziali, aggiornato e rivisto per l'occasione)  

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