C'è
un oceano, e un continente che ci divide, ma le poesie di Xu Lizhi e
le nostre realtà sono così vicine come sono così lontane.
L'alienazione di un lavoro sempre più simile alla schiavitù, le
fabbriche che catturano le lacrime, gli anni trascorsi a ritmi
meccanici perché il dolore fa gli straordinari, le notti insonni che
diventano l'ultimo cimitero della giovinezza, l'impossibilità di
esprimersi in una vita vissuta rendono plausibile spiccare il salto,
verso la fine. La voce di Xu Lizhi, le letture di Mangime
per le macchine,
hanno raccontato la visione di una luna fatta d'acciaio, simbolo
della disperazione e insieme punto di non ritorno perché nella
tragedia di un giovane operaio che a 23 anni vede nel suicidio
l'unica (e ultima) alternativa, deve restare scolpita e
indeledibile quella frase, quando, quasi come un testamento spirituale, ha
scritto: "Non posso ingoiare altro". Emozionante,
trascinante, ipnotica la trasposizione di Mangime
per le macchine a
cura di Katia e Gianni Del Savio, Patrizia Inzaghi e Carlo
Lozito (che ringraziamo ancora per la disponibilità e la cortesia)
ci ha ricordato ancora una volta, come abbiamo vissuto, quanto sia
crudele l'invisibilità. E' proprio per questo che, inaugurando una
bel sabato mattina di maggio, abbiamo consegnato agli operai
dell'INNSE il nostro piccolo contributo alla loro lotta, perché come
diceva Xu Lizhi, "che io parli o meno, sarò sempre in
conflitto", ma l'importante è non essere soli.
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