martedì 28 marzo 2017

Un piccolo, importante bagaglio...




     La sonda Voyager 1, partita nel 1977, molto probabilmente quest’anno si perderà ai confini della nostra galassia perché il suo giroscopio smetterà di funzionare e non sarà più in grado di orientare le sue antenne per le comunicazioni con la terra. Era stata spedita per setacciare i messaggi vaganti nell’universo e a sua volta portava un bagaglio di notizie rappresentative della vita e della cultura sul nostro pianeta. 
      Siamo un po’ nella stessa condizione. La rete dei comitati si è smobilitata, molti degli stessi comitati si sono sciolti, e l’affaire degli esodati, così come l’abbiamo vissuto, è destinato a estinguersi. Anche per noi, in effetti, l’esigenza sarebbe quella di dimenticare, come se questi cinque anni da esodati fossero stati soltanto un brutto incubo. Invece, ci siamo svegliati e ci siamo accorti che era ed è una realtà. Il nostro esodo, se non si fosse ancora capito, ha alzato il livello di guardia rispetto al senso e al diritto della previdenza pubblica che, lo si vede ormai con molta chiarezza, è l’oggetto di attacchi costanti, subdoli, mirati eppure continui. L’ordine del giorno è sempre quello e, anche se non abbiamo voglia di ricordare, è necessario, perché abbiamo capito, e abbiamo visto il futuro.
     Come il Voyager siamo stati in orbita per troppo tempo in cerca della notizia giusta, di un segnale di speranza: avevamo qualcosa da dire, ce l’abbiamo ancora. L’idea è quella di conservare un archivio del nostro viaggio, ma anche di diffonderlo negli spazi lasciati vuoti dalle istituzioni, di farlo arrivare agli alieni che ci governano, agli extraterrestri che occupano le trasmissioni televisive, alle strane creature che, tra una tabella e l’altra, una percentuale e l’altra, maneggiano i nostri destini, e quelli delle nostre famiglie, che (questo lo vogliamo ricordare, sì) sono un argomento delicato. Conservare vuol dire dare avere cura, come siamo stati attenti alle parole e anche alle immagini, sempre rispettose, attente, scrupolose.
    Nel riorganizzare tutti i materiali, quasi 3000 file, è spuntato solo un cartello che diceva: “Tempo scaduto, avete scassato la minkia”. Una frase un po’ provocatoria, un po’ comica, che oggi fa sorridere, e comunque condivisibile, perché cinque anni sono tanti, l’angoscia era un cappio al collo, le lacrime ci hanno inseguito e dentro questo archivio c’è tutta la forza, la pazienza, il metodo, la fantasia che ci abbiamo messo per arrivare in fondo, o almeno per arrivare fin qui, poi si vedrà.
      La suddivisione on line e off line, ovvero pubblica e riservata, è venuta spontanea. Il blog è stato, ed è ancora, un diario e un piccolo strumento di comunicazione che contiene tutti i comunicati, le leggi di salvaguardia e tutte le disposizioni degli istituti di previdenza o delle istituzioni, le testimonianze, i comunicati, le tre versioni scaricabili di Non siamo qui per le caramelle. Nella card ci sono centinaia di immagini inedite, che per ragioni di spazio o di pertinenza non sono rientrate nel blog, tutte le corrispondenze, le bozze, i progetti. Non c’è nulla di segreto, non c’è mai stato, non ci deve mai essere quando si guarda all’ignoto dove i diritti vengono confusi con i prodotti, e le parole lasciate vagare nello spazio senza senso.
      Quello che abbiamo raccolto e che lasciamo non è soltanto la nostra testimonianza, che dovrebbe già essere sufficiente, ma anche un’idea, un metodo di lavoro, di confronto, di attenzione da seguire con scrupolo, con pazienza e sempre con un sorriso che è quel dettaglio che davvero ha fatto la differenza tra noi e il Voyager e le macchine e le caramelle. Siamo arrivati fin qui, ma sappiamo che è soltanto una tappa, ne siamo certi: è soltanto una piccola parte, perché certe emozioni sono difficili da archiviare, ma è la nostra mappa per il futuro, ovunque esso sia. Bon voyage.

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