Bisogna innanzi tutto
riconoscere come, attraverso un intreccio di dialoghi e la narrazione
di alcuni fatti accaduti nell'ultimo triennio, Marco Denti abbia
saputo dare alla sua opera un senso di fluidità e semplicità. Ma
come abbia anche saputo mantenere viva una sferzante vena polemica
verso il potere, che ci permette di comprendere il vero dramma
vissuto da quelli che sono stati definiti gli esodati. Quando,
dopo aver letto Non siamo qui per le caramelle, mi sono fermato sulla
quarta di copertina e ho letto “terra promessa”, mi è venuto in
mente quello che è stato uno dei primi grandi esodi raccontati nella
storia e avvenuto circa tremila anni fa (oggi ne abbiamo uno ancora
più drammatico): è l'esodo raccontato dalla Bibbia, quello del
popolo di Israele che si libera dalla schiavitù del faraone
d'Egitto, fugge nel deserto, lo attraversa mettendoci quarant'anni e
nutrendosi di quella che veniva chiamata “manna” e finalmente
raggiunge la “terra promessa”. Ho cercato qualche similitudine
con gli esodati del terzo millennio ma ne ho trovata solo una.
Sono rimasti i quarant'anni (o giù di lì) di onesto e faticoso
lavoro, i quarant'anni che gli ebrei avevano passato nel deserto.
Oggi il faraone non c'è più e a lui si sono sostituiti i poteri
economici e finanziari forti ai quali i governi si inchinano e i
cittadini devono sottostare fino a vedere cambiare le regole del
gioco e quelle, come per gli esodati, le regole delle
pensioni. Nessuna “manna” per i nuovi esodati, al massimo
qualche caramella. La “pensione promessa” è poi sparita da un
giorno con l'altro. Correttamente Marco Denti parla in Non siamo qui
per le caramelle di esodandi, e non solo di esodati.
Gli esodandi sono quei lavoratori che dopo quarant'anni di lavoro si
erano finalmente liberati del padrone e avrebbero dovuto conseguire
la pensione promessa. Ma nonostante il dramma personale e familiare
di decine di migliaia di esodati, è interessante notare come
dalle testimonianze riportate da Non siamo qui per le caramelle
emerga la dignità e la forza di resistere da parte di quei
lavoratori e di quelle lavoratrici che, da un giorno all'altro, per
utilizzare le parole di Marco Denti, “sono stati abbandonati dallo
stato”. Nelle pagine di questo racconto si respira la dignità e la
forza di chi non vuole disperarsi, di chi non si mette a piangere
(come invece fece il ministro all'epoca) e non perché, come in
quella famosa canzone di Dario Fo e Enzo Jannacci, il pianto
dell'operaio e dell'impiegato fa male al re, al vescovo, al
cardinale, a chi governa il nostro paese e ai poteri economici che
decidono il tutto. Gli esodati non piangono perché in questi
ultimi tre anni hanno acquisito la consapevolezza di non essere soli,
di avere un comitato, come quello del Lodigiano, che li ha inclusi e
accompagnati e che ancora oggi li sorregge. Non siamo qui per le
caramelle ci porta anche a considerare una parte di storia degli
ultimi tempi che ha inciso sul mondo del lavoro. Negli ultimi tre
anni abbiamo assistito a una compressione inaudita e di stile
ottocentesco dei diritti sociali dei cittadini: prima con la riforma
delle pensioni di dicembre 2011, che ha creato i nuovi esodati; poi
con la legge Fornero del luglio 2012 che ha iniziato a demolire
l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori; dopo con il decreto
Poletti che nel marzo 2014 ha liberalizzato i contratti a termine,
legittimando con una legge la precarietà dei lavoratori; da ultimo
con il Jobs Act di Renzi che lo scorso mese ha dato il definitivo
colpo di spugna all'articolo 18. Teniamo conto che in cantiere ci
sono nuovi decreti per fare dei lavoratori “carne da macello”. E'
chiaro ed evidente a tutti che sono i diritti fondamentali dei
lavoratori (e di chi il lavoro lo ha perso o non lo ha più) che
stanno subendo un ingiustificato esodo, un esodo che non lascia
vedere uno spiraglio e una meta. Sembra essere rimasto solo il
diritto del più forte. Penso però che la lunga storia degli
esodati, la loro tenacia, la loro capacità e volontà di
organizzarsi, ci serva oggi da stimolo per non arrenderci e per
ricominciare a lottare tutti insieme contro la precarietà e la
povertà, ma anche contro l'arroganza e l'ingiustizia di quel potere
che pensa di poter cancellare i diritti fondamentali che esattamente
settant'anni fa sono entrati a far parte della storia. (Giuseppe Bersani)
Dall'altra parte della strada. Sempre. (Mauro Zambellini)
RispondiEliminaHo iniziato a leggere il libro... Non riesco a smettere di leggerlo. Complimenti all'autore!!! Pensavo fosse difficile capire la situazione per chi non la vive in prima persona. Veramente bravo. (Marzia Barbazza)
RispondiEliminaLetto tutto d'un fiato. Marco (Denti), sei molto bravo, scrivi in modo incisivo e chiaro, non smettere di cimentarti, hai dei numeri... MD125366477... (Scherzo!!!). E ci hai fatto un regalo prezioso, a noi "esodati" sfigati che nessuno si filava... (Raffaella Sozzi)
RispondiEliminaHo appena terminato il tuo libro sugli "Esodati" (almeno diamogli la maiuscola), bravo, buon racconto: agile, chiaro e con i tuoi "soliti" agganci musicali e letterari; tristi le vite di queste persone tutte eguali e tutte diverse.Bella l'idea di chiamare le persone con le sigle ed il numero di matricola. (Leonardo Bonazzoli)
RispondiEliminaE' quello che andava detto, anche con una certa ironia, d'accordo, ma andava detto. Pungente. (Fabio Cerbone)
RispondiEliminaLo sto leggendo per la terza volta, complimenti! (Alberto Maddeo)
RispondiEliminaMi ha emozionato tantissimo. (Nazzareno Marinelli)
RispondiEliminaOttimo libro. (Gianni Del Savio)
RispondiEliminaLa rosa bianca si magnifica se si semplifica, grazie fratello. (Angelo Biggioggero)
RispondiEliminaCaspita! (Emilio Martinelli)
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