martedì 13 novembre 2012

Un passo avanti, due indietro.



E' falso che con questo nuovo emendamento si risolve il problema degli "esodati".

L’accordo trovato oggi tra il governo e i partiti che lo sostengono plebiscitariamente e senza più legami con il paese reale costituisce nella forma e nella sostanza la conclusione di una vicenda che ha visto articolarsi nel corso di dodici mesi una commedia delle parti che è espressione della vera antipolitica e cioè della gestione della cosa pubblica in spregio agli interessi dei cittadini. Nella forma, assistiamo all’esito di un gioco perverso nel quale i partiti che sostengono il governo hanno esitato per mesi senza mai volere seriamente farsi carico dello scempio consumato, forzando l’esecutivo a ragionare sulla insensatezza e sulla spocchia intellettualoide che animano la riforma, ma evitando accuratamente di porre degli ultimatum a un governo che non sa correggere i propri errori e anzi li reitera. A causa di questa titubanza e dell’incapacità del ministro del lavoro di inquadrare il problema degli esodati come “questione sociale” creata dagli errori introdotti con l’ultima riforma previdenziale, il parlamento e i partiti, salvo modifiche significative dell’ultima ora, si sono lasciati espropriare della loro funzione costituzionale. 

Nella sostanza, rileviamo come i risultati conseguiti con l’emendamento 8.500, riformulato ieri in commissione bilancio dai relatori con l’accordo del governo e della ragioneria dello stato, attraverso questa trattativa dissimulata,  siano vicini allo zero, in quanto per la maggior parte delle categorie di “esodati” quasi nulla cambia rispetto ai decreti attuativi del ministro Fornero che, quando furono pubblicati, suscitarono l’apparente sdegno delle forze politiche: 1) non viene ampliato il numero delle categorie meritevoli  né modificati i vincoli restrittivi delle singole platee perché in ogni caso per tutte le categorie viene limitato il vincolo temporale a coloro che maturano la decorrenza della pensione entro il 2014; 2) non è sostanzialmente aumentata la platea dei lavoratori in mobilità, peggiorando addirittura la precedente versione dello stesso emendamento; 3) non vengono salvaguardati i lavoratori esodati con accordi singoli e collettivi che maturano il diritto alla  dopo il 6-12-2014 , pari al 50% della categoria; 4) non c’è nessun impegno palese, nonostante se ne parli ormai da 1 anno, a voler salvaguardare i lavoratori che maturano il diritto alla pensione oltre il 6.12.2014; 5) non vengono salvaguardati (ed è anzi integralmente cassato l’articolato che li riguardava) i lavoratori licenziati a qualsiasi titolo (sia per iniziativa arbitraria delle aziende sia in conseguenza di fallimento o cessazione dell’attività d’impresa) e rimasti privi di occupazione, per i quali si prevedeva la salvaguardia ove maturassero entro il 31.12.2013 il diritto alla pensione;  6) non vengono salvaguardati i lavoratori con 15 anni di anzianità che sarebbero costretti, ove potessero, a versare ulteriori 5 anni di contributi di tasca propria per accedere alla pensione che vedevano con certezza prima della riforma Fornero; 7)  non vengono salvaguardati i contributori volontari per i quali rimangono tutte le ciniche condizioni imposte dal ministro nel suo decreto attuativo della riforma, e mai previste nemmeno dalla famigerata legge 214/2012, a dimostrazione che questa riforma vuole solo fare cassa; 8) non vengono salvaguardati i soggetti posti in mobilità a seguito di accordi precedenti all’entrata in vigore della manovra che, non maturando il requisito pensionistico entro il termine della mobilità, non hanno potuto ottenere entro il 4 dicembre 2011 l’autorizzazione alla contribuzione volontaria (questo perché normalmente la richiesta di autorizzazione alla contribuzione volontaria viene effettuata al termine del periodo di mobilità, e inoltre i pochi soggetti che l’avevano chiesta in anticipo sono stati invitati esplicitamente dall’INPS ad effettuarla alla fine del periodo di mobilità); 9) viene dato mandato in bianco al governo (senza controllo della commissione lavoro del parlamento) per la gestione del fondo previsto; 10) Viene riproposta infine la possibilità di soluzioni “non previdenziali” (11-septies) attingendo allo stesso fondo previsto per i salvaguardati, che dal punto di vista della costituzione, del diritto e della giustizia sociale non possono essere considerate tali poiché stiamo parlando di cittadini che avevano diritto ad andare in pensione ai quali questo diritto è stato sottratto cui è stata “rubata” e non di casi pietosi, senza qui voler ricordare lo scempio degli stipendi e delle pensioni d’oro. 

A testimoniare la sostanziale impotenza ed incapacità delle forze politiche  e il loro ormai palese appiattimento sulle posizioni anti-previdenziali del governo, il finanziamento delle ulteriori salvaguardie viene basato sulla deindicizzazione delle pensioni eguali o superiori a 6 volte il  minimo. In questo modo, anziché ripensare l’aggressione perpetrata ai danni del sistema previdenziale, la si conferma, facendo carico unicamente allo stesso sistema, dal quale vengono già prelevati con destrezza 160 miliardi di euro entro il 2020, la salvaguardia di un numero di esodati comunque irrisorio rispetto alla reale consistenza.  

Passa così completamente e senza resistenza la linea Monti/Fornero consistente nel convertire i contributi dei lavoratori in liquidità a risanamento del debito, ovvero in tasse occulte solo sulla parte più indifesa del paese. I pensionati e i pensionandi capiscono benissimo quale gioco si sia portato avanti sulla loro pelle e lo scempio consistente nel blocco della indicizzazione di pensioni da 39.000 euro annui scelto come alternativa alla tassazione del 3% dei redditi eccedenti i 150.000 euro annui parla da solo relativamente ai motivi, riconducibili unicamente alla volontà di colpire il sistema previdenziale contro ogni logica contabile e contro ogni principio di equità sociale. I pensionati e pensionandi devono oggi prendere atto di costituire, agli occhi di governo e maggioranza, un segmento di popolazione  che si crede di potere maltrattare impunemente. 

La rete dei comitati  denuncia la volontà politica, in ogni passaggio confermata del ministro Fornero e dal governo, di non risolvere il problema grave dei lavoratori lasciati senza stipendio e senza pensione; stigmatizza il pretestuoso accanimento del ministro nel respingere le ragionevoli ipotesi di copertura finanziaria a più riprese prospettate dai firmatari prima della proposta di legge 5103, poi dell’emendamento 8.309 e la parallela incapacità di formulare un’ipotesi alternativa; respinge perciò  l’accordo predisposto ieri in Commissione Bilancio con la riformulazione da parte dei relatori dell’emendamento 8.500 alla legge di stabilità; invita tutte le forze politiche e sindacali a battersi contro questa ennesima vergogna e a  mantenere gli impegni condivisi con la rete; annuncia che attiverà con la propria capacità di informazione e di mobilitazione al fine di creare e sostenere un fronte unitario per combattere nelle piazze, nei tribunali e nelle urne. 

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